mercoledì 23 febbraio 2011

CARRASCIALI TIMPIESU: TRADIZIONE O MARKETING?

Mi sono sempre chiesto in questo periodo perchè il carnevale di Tempio Pausania (carrasciali timpiesu) sia così lontano dalle tradizioni sarde. Penso al vero carnevale sardo, su carrasecare , i carnevali di Mamoiada, Bosa, Ovodda, solo per citarne alcuni, e le tradizionale figure dei Mamuthones, Boes e Merdules, ecc..
Mi chiedevo "possibile che il mio carnevale, quello che geograficamente più mi rappresenta, sembra quasi un distillato del più noto carnevale di Viareggio?".  E chi sono Giorgio e Mannena? E perchè la caratteristica principale di questo carnevale è la satira politica?
Ho quindi cercato su libri una qualche spiegazione storica.
Trovo così un primo libro, Tempio e il suo volto, e vedendo che gli autori sono Manlio Brigaglia e Franco Fresi (due nomi molto noti nella Sardegna intellettuale) mi butto subito nella lettura. Trovo il capitolo che mi interessa, lo leggo e provo a farne un piccolo riassunto..
Anticamente anche in Gallura si festeggiava questa lontana festa pagana risalente a culti agrari. I pastori degli stazzi si recavano in altri stazzi o nei paesi vicini vestiti con pelli di animali, spesso di volpe (mazzoni) o lepre (lepparu),  per fare scherzi e bere qualche bicchiere di vino mentre consumavano alcuni dolci che le donne preparavano solo per quel periodo dell'anno. Nei villaggi le maschere più frequenti erano quelle create da vecchi abiti (mascari brutti) con a tracolla campanacci e sonagli vari. 
La domenica di carnevale era consuetudine fare una corsa a cavallo con le maschere e ingaggiare con amici e parenti una finta guerriglia fatta di lanci di fiori e battute pungenti;
Le ultime due domeniche di carnevale erano le più interessanti. Quattro persone mascherate uscivano insieme e formavano un coro. La voce più bella era chiamata la bocì. Nel canto doveva primeggiare mentre le altre tre fungevano da accompagnamento.
Durante il martedì di carnevale si usava in alcuni paesi "sporcare" di nero i passanti con la fuliggine, o con la crema per le scarpe, o con lanci di farina.
Il martedì grasso si usava portare in processione Ghjogliu (Giolzi, Jogliu), re Giorgio, che altro non è che il carnevale stesso. Era questo un fantoccio di paglia trasportato su di un carro trainato da buoi con posta sopra una grossa botte di vino e tante damigiane e, a seguire, dietro il carro, tutti i sudditi, ossia le maschere che ballavano, scherzavano e bevevano in allegria.
Interrompo un attimo la lettura. Vedo un anello di congiunzione. Il carro...il pupazzo...il vino...i sudditi...sono tutti elementi che ritrovo adesso. Il carro oggigiorno non è più trainato da buoi ma da un trattore; il vino sul carro (ma sarebbe meglio dire sui carri) vi è sempre e in grande quantità; e i sudditi-maschere in realtà oggi non seguono Ghjogliu ma lo precedono in quanto è lo stesso Re Giorgio che chiude la sfilata dei carri.
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A mezzanotte la fine del carnevale era avvertita dal suono delle campane. I balli finivano e le maschere venivano levate. Nella piazza quattro individui portavano una bara con all'interno il fantoccio di Ghjogliu e dopo aver letto le tristi azioni compiute dal sovrano durante l'anno lo si condannava a morte bruciandolo.
Finita la lettura penso a come una festa tradizionale sia stata modernizzata in maniera troppo veloce e sbagliata per attirare i turisti. Giorgio esiste ancora ma ora ha anche una regina: Mannena. I loro sudditi non ballano più in piazze ma in sale da ballo. Il carro non è più uno solo, quello di Ghjogliu, ma è accompagnato da molti altri, provenienti anche dai paesi vicini. Il pupazzo (i pupazzi) non sono più dei fantocci di stracci e fieno ma giganti di carta pesta. La condanna a morte non viene più letta nell'antica piazza (piazza Gallura) per motivi di sovraffollamento ma in un parco usato il sabato per il mercato. Li viene anche condannato al rogo, un atto esorcizante per lasciarsi alle spalle l'anno vecchio e affrontare il nuovo.
In verità sulla figura di Giorgio e sulla sua condanna a morte trovo un altro anello di congiunzione con l'antica tradizione. Le radici vanno ricercate nelle credenze e nei riti pre-cristiani nonché nel culto dei morti in ambito agro-pastorale e forse il suo nome deriva dal greco Gheorgheo cioè Dionisio e voleva ricordare uno spirito angusto che coperto di campane e catene si aggirava sofferente per le vie di un centro abitato.
Ho consultato un altro paio di libri tramite i quali riesco a far risalire la sfilata dei carri (così come la vediamo oggi) al 1956. Mentre leggo, scopro il nome di un altra maschera: lu Linzolu Cupaltatu. Era questo un lungo lenzuolo che veniva usato per nascondersi totalmente e risultare quindi irriconoscibili. Può ricordare forse l'immagine di un fantasma. Questa maschera veniva utilizzata per lo più dalle donne e si può presumere che il Domino di oggi (molto in voga in Gallura sino a vent'anni fa e poi sostituito da abiti confezionati e maschere di gomma) sia un Linzolu Cupaltatu in chiave moderna.
Trovo nuove informazioni sui “sovrani” del carnevale tempiese. Il primo nome di Giorgio fu Jogliu Puntolghiu (pungolo) e la figura di Mannena, detta mangiatrice di uomini e lussuriosa, iniziò a comparire solo dopo la prima guerra mondiale sempre rappresentata con il seno scoperto.
Ma come avviene l'incontro tra i due sposi?
Lu Carrasciali timpiesu dura in tutto sei giorni. Il re e la sua comitiva partono da una zona periferica di Tempio, Rinaggiu, e si dirigono verso la città alla ricerca di una sposa presso le classi umili. Una volta trovata la sposa, Mannena, dopo tre giorni Giorgio la ripudia lasciando i propri sudditi nello sgomento. Questi allora decidono di deporlo e dopo aver letto pubblicamente le accuse infamanti di cui si è macchiato (accuse che vogliono essere critiche volte all'amministrazione comunale e al governo stesso) lo si condanna al rogo. Nell'ultimo suo viaggio il re verrà accompagnato da bande musicali che suonano la “marcia trionfale n.69”.

Carrasciali timpiesu: tradizione vs modernità (pro turismo), o normale adeguamento di un carnevale, che in passato non si è mai accostato ai carnevali dei mamuthones, ai tempi odierni?
Ai posteri l'ardua sentenza...”.

                                                                                                  Mauro Pirisinu



Biografia

Brigaglia M., Fresi F.,1985, Tempio e il suo volto, Sassari, Carlo Delfino editore

Concu G., Ruiu F.S., 2006, Carnevale e maschere in Sardegna, Nuoro, Concu Giulio editore

Porcu G., 2008, Carnevale in Sardegna, Sassari, Isola editore

3 commenti:

  1. Non so se ti farà sentire meglio o peggio, ma è più meno lo stesso discorso che si fa su altre manifestazioni folkloristiche. Prendi ad esempio la Sartiglia. Da un paio di anni hanno allargato il buco della stella, l'hanno appesantita, hanno irrigidito la spada e lo stocco è più sottile, il tutto (a quanto dicono i sartiglianti) per facilitare la presa e fare più spettacolo. Sarà vero che forse è più facile prendere più stelle, ma siamo sicuri che così non si annulli il vero significato della corsa? Oppure: dobbiamo per forza stare dietro a simboli e significati ai quali orma non crede più nessuno? Come hai detto tu: ai posteri l'ardua sentenza!

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  2. ho dimenticato di firmarmi: Valentina Mura

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  3. Ho letto ora perchè ora mi sono riscritto nel vecchio gruppo...comunque, il problema è il solito, forse non tanto la modernità che uccide la tradizione ma, la ricerca smodata di "fare soldi" con la scusa di presentarsi come il "noi siamo quelli che vogliamo far conoscere la nostra cultura al prossimo" e delle volte si va un pò oltre a quella che è/era la tradizione, si esagera, ci si perde, ci si dimentica e alla fine ci si confonde insegnando ai ostri figli un qualcosa che con i nostri nonni nulla ha avuto a che fare...non voglio fare di tutta l'erba un fascio, ma spesso vogliamo apparire come gli altri si aspettino che appariamo....
    Poi una domanda comunque può venire...facendo il tuo esempio, hanno allargato il buco della sartiglia e il senso del tutto, dell'abilità, della destrezza ecc. si perde. Però chissà, magari, ora mi stacco dalla sartiglia che in fondo non son molto ferrato, ci stanno alcune altre "pubbliche tradizioni" che non sono come erano prima che le cambiassimo noi, ma sono sempre state manipolate. E'normale. Ma vi è manipolazione che segue il corso del tempo in maniera naturale e lenta e manipolazione che...bè, hai capito ;)

    Mauro Pirisinu
    Mauro

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