venerdì 18 marzo 2011

Alcune riflessioni sulla laicità dello Stato

Torna in questi giorni la questione del crocifisso nei luoghi pubblici, dopo la sentenza della Cassazione del 14 marzo scorso, che ha dato torto al giudice Tosti, licenziato per non aver voluto sostenere le udienze nelle aule in cui è esposto il simbolo religioso. Già, religioso. Perchè tale è ogni simbolo nel quale si identifica una data religione. Vorrei riflettere su quella che, a mio parere, è la difesa della laicità e della democrazia di uno Stato, quale quello Italiano, che ha sempre più a che fare con voci discordanti dalla Santa Romana Chiesa. Voci che non necessariamente provengono da altri paesi magari con una maggioranza religiosa differente dalla nostra, ma dall'Italia stessa e che non vanno così tanto d'accordo con quell'idea di identità religiosa nazionale tanto vecchia quanto priva di ogni senso di libertà. Ci sono vari punti su cui vorrei riflettere e che fanno parte della nostra quotidianità:

  1. Multiculturalità/interculturalità: la nostra è una società sempre più ricca e varia a causa delle nuove presenze (che tanto nuove non sono...) composte dagli immigrati ed è un dato di fatto abbastanza palese.
  2. Identità nazionale religiosa: chi prende in mano questo discorso fa prima a trasferire la propria residenza in Vaticano o in Arabia Saudita. Il nostro è, o almeno dovrebbe essere, un paese democratico che deve, o dovrebbe tutelare tutte le minoranze presenti nel territorio, in modo tale che non ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B. E trovare nell'aula di un tribunale una Croce appesa sopra la scritta "La legge è uguale per tutti" mi fa pensare alla Fattoria degli animali di Orwell, dove qualcuno è più uguale degli altri. E quel qualcuno è rappresentato dal simbolo esposto sopra la scritta.
  3. "Ma se andiamo nei loro paesi non ci fanno fare quello che vogliamo. Se entro in una moschea devo togliermi le scarpe!E così devono fare quelli che vengono qui": premesso che paragonare uno Stato ad un tempio religioso è un po' fuorviante, cosa si intende per "nei loro paesi"? E chi sono questi "loro" e chi questi "noi"? E inoltre, se si deve fare un confronto dove i "noi" sono migliori dei "loro", perché lo si fa dicendo "se lo fanno gli altri lo facciamo anche noi"? Non è forse questo un modo sbagliato di porsi nei confronti dei cosiddetti "altri"? Mi spiego: se si accusa un altro di essere incivile e di non rispettare i diritti, bisogna fare in modo di comportarsi diversamente, da superiori e non emulandolo come per fargli un dispetto.
  4. "Se uno non crede non gli dovrebbe dar fastidio vedere un simbolo religioso, anche perché il significato glielo dai solo se ci credi. Può essere benissimo un soprammobile": frase tipica dei difensori dei valori italiani cristiani che poi chiamano quel simbolo "soprammobile". Se tu credi e mi difendi il crocifisso non mi vieni a dire che non ha un significato. E secondo a chi arriva questa frase ti potrebbe pure scomunicare! Io la girerei così: se tu ci credi non hai bisogno di vedertelo ogni giorno appeso ai muri di tutti gli uffici.
  5. Secondo la Santa Sede la presenza dei simboli religiosi e in particolare della croce, riflette il sentimento religioso dei cristiani di qualsiasi denominazione, quindi non si traduce in un’imposizione e non ha valore di esclusione, ma esprime una tradizione che tutti conoscono e riconoscono nel suo alto valore spirituale, e come segno di «un’identità aperta al dialogo con ogni uomo di buona volontà, di sostegno a favore dei bisognosi e dei sofferenti, senza distinzione di fede, etnia o nazionalità». Prima obiezione: non tutti i cristiani accolgono con entusiasmo le icone quindi non è proprio vero che la croce riflette il sentimento religioso dei cristiani di qualsiasi denominazione. Seconda obiezione: provate a dire ad un bambino vittima di pedofilia da parte di un parroco che il crocifisso è simbolo di pace, magari quel bambino oltre ad essere stato violentato con la carne lo è stato pure con quel crocifisso (http://it.wikipedia.org/wiki/Casi_di_pedofilia_all'interno_della_Chiesa_cattolica#Irlanda). O provate a dirlo a lei http://www.brogi.info/2010/11/brasile-sobrinho-il-cattolicissimo-arcivescovo-di-recife.html.
Ovvio che non si può ridurre la questione in poche righe ma la questione è calda e seria. Viviamo in un mondo globalizzato in cui vivono mondi diversi che si incontrano ogni giorno, scambiando idee, culture, economie...Non si può pretendere che tutti si identifichino in un unico simbolo, se questo è parte di una fede religiosa. E ridurlo a puro simbolo nazionale è molto più "blasfemo" che toglierlo dalle pareti di un tribunale, di una scuola o di un ospedale. La strumentalizzazione che la politica e la chiesa fanno del crocifisso toglie ad esso la sacralità che ha per chi crede in quel simbolo. E se fossi dalla parte dei suoi strenui difensori mi guarderei bene dal trattarlo come se fosse un soprammobile.

Valentina Mura

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