Mi è capitato da poco di sentire un intervento di Giulietto Chiesa a Sassari (all’ex questura occupata) e, pur avendo dei toni estremamente catastrofistici ed essendo di un orientamento politico molto marcato che influenza visibilmentela sua analisi politica, economica e sociale ha evidenziato dei punti critici a mio avviso molto interessanti (e inquietanti)
Nonostante abbia dei toni e una prospettiva un po’ diversi (Giulietto Chiesa è più politico) mi ha fatto venire in mente un libro di Baumann che ho letto da poco (l’unico diciamo : P) che analizza la società postmoderna in una prospettiva naturalmente più sociologica rispetto a quella di Giulietto Chiesa ma che ha in comune con lui una fortissima carica contestataria e una grande lucidità nell’evidenziare alcuni punti estremamente problematici della società occidentale contemporanea, quella appunto che viene chiamata “postmoderna”.
Tra le molte cose di cui parla dice che i diritti politici, se non sono accompagnati dai diritti sociali non servono a nulla
<<Senza diritti sociali per tutti un largo e, con ogni probabilità, crescente numero di persone troverebbe i propri diritti politici inutili e non meritevoli della loro attenzione. Se i diritti politici son necessari per istituire i diritti sociali, i diritti sociali sono indispensabili per mantenere i diritti politici operativi. I due tipi di diritti hanno bisogno l’uno dell’altro per sopravvivere: la loro sopravvivenza può essere soltanto una conquista comune.>>[1]
Parla dell’importanza di istituire e difendere uno stato sociale forte perché davvero una comunità possa avvalersi delle energie, della creatività e della presenza di tutti i suoi elementi, anche e soprattutto di quelli più deboli.
Parla di come uno stato sociale forte non sia affatto in contrasto con l’economia capitalistica ma al contrario, paesi del nord europa che si avvalgono di questo modello, come la Svezia, abbiano un’economia e dei consumi molto alti. Si tratta semplicemente di difendere la società dai “danni collaterali” terribili che questo tipo di economia e società causerebbe, come difatti causa, se non è controllata.
Questo discorso ne porta dietro un altro ancora più profondo e radicale. Fa una riflessione sul concetto di comunità e, senza idealizzare affatto il mondo contadino, su come enormemente questo concetto sia cambiato nella società contemporanea.
Parla del fatto che l’idea di individualismo, di individuo capace di potersela cavare e affermarsi con le sue sole forze, se entro certi limiti può essere molto propositiva oltre questi diventa devastante: l’individuo è infatti lasciato solo a risolvere problemi che non può risolvere perché sono problemi sociali strutturali e collettivi di cui non si può far carico il singolo. Viene meno qualsiasi idea di solidarietà e di umanità, i rapporti umani finiscono per seguire le stesse esatte regole economiche. L’economia e le regole di mercato finiscono per diventare parte costitutiva dei rapporti umani che diventano veloci, molteplici e non vincolanti, rapporti usa e getta.
La parte più devastante di questa analisi è costituita dal fatto, perché poi continua, che l’individuo prima di essere cittadino è trasformato non in consumatore, come si dice sempre ma, addirittura, in merce. Ma non solo in quanto viene considerato tale dall’economia di mercato ma in quanto , secondo Baumann viene alterata la percezione profonda che l’individuo ha di se e della propria identità.
E’ questo naturalmente è molto più grave, è una società in cui “nessuno può diventare un soggetto senza prima trasformarsi in merce”[2] . La costruzione della soggettività non è più legata a qualcosa di interirore ma viene proiettata all’esterno sulle merci.
Manca qualsiasi tipo di riflessione e introspezione, l’individuo diventa una sorta di attaccapanni sul quale appuntare ogni tipo di merce e status symbol per il solo fatto che questo diventa indispensabile per la costruzione della propria identità e dell’immagine che si ha di se stessi.
La soggettività dei consumatori dice, è fatta di scelte d’acquisto e la descrizione di questa soggettività prende la forma di una lista della spesa.
Quello di cui lui parla è semplicemente di ridiventare cittadini (e , probabilmente, più semplicemente“persone”) e di vivere in una società ( che non per forza è antitetica a questo tipo di economia) in cui il benessere di tutti è affare di tutti, in cui si percepisca come prezioso un individuo al di là della propria capacità di acquisto, in cui ci sia una forte rete di istituzioni condivise cui
<<può essere attribuito con fiducia e con una ragionevole attesa di successo, il compito di garantire la solidarietà e l’affidabilità delle misure di assicurazione collettiva di fonte statale>>
E l’applicazione di questo principio potrebbe aiutare a combattere la povertà e far si che la società diventi una fonte di solidarietà e non un treno in corsa che produce esclusione e
<<il terrore di vedersi negato il rispetto che si deve agli esseri umani>>[3]
Riporta anche un brano del programma social-democratico svedese del 2004:
<<Ogni persona, a un certo punto, diventa fragile. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro. Viviamo le nostre vite qui e adesso, assieme agli altri, esposti al cambiamento. Saremo tutti più ricchi se a tutti noi sarà permesso di partecipare e nessuno sarà escluso. Saremo tutti più forti se c’è sicurezza per tutti e non solo per pochi.>>
((Giulietto Chiesa che parla in modi e tempi diversi qui oggi, trae, per certi versi le sue conclusioni, discutibili, apocalittiche e forse, un po’ esagerate (ma non è detto) di alcune di queste cose.)
Secondo Bauman questo cambiamento passa per vie politiche, è di certo in parte è così, ma quello di cui si avrebbe bisogno è anche, e forse soprattutto, una profonda , lentissima introspezione e una riflessione dell’uomo su se stesso e su quali sono, o sarebbe auspicabile che siano i rapporti interumani.
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