Nell’anno 2010 ho svolto il Servizio Civile Nazionale presso il Comune di Bortigiadas, nell’ambito del progetto “Invecchiare bene…invecchiare insieme” che si proponeva tra i suoi obiettivi la sperimentazione di attività che favorissero “lo scambio di esperienze e la rottura dell’isolamento intergenerazionale esistente tra le classi di età più giovani e quelle più anziane”.
L’intero percorso è stato una continua ricerca in cui alla componente umana, che inevitabilmente riempie di sé un rapporto di stretta vicinanza con una persona anziana, si è accompagnato un senso di profonda consapevolezza della funzione che gli oggetti del passato potevano svolgere nella vita di queste persone.
La precarietà di un corpo consumato dagli anni, si intuisce con maggiore acutezza quando l’anima si manifesta attraverso i ricordi di una memoria che, tenacemente, si aggrappa ad ogni fune che le venga lanciata. E se dall’altra parte della fune a tirare c’è un bambino, la tensione cresce e si fa “processo”, di trasmissione di saperi e di instaurazione di un legame che sottrae entrambe queste due categorie alla propria “precarietà”.
La cultura materiale è un universo che porta con sé qualcosa di assolutamente immateriale, ovvero, il vissuto delle persone.
La quotidianità alla quale malattia e solitudine abituano gli anziani si riempie di un tempo infinito quando gli compare davanti un oggetto del loro passato: lu brusgia-caffè, il tosta-caffè, la mazinedda, il macina-caffè, la prancia a calboni, il ferro da stiro a carbone, lu siazzu, il setaccio, lu culiri, il crivello, … ognuno di questi oggetti evoca odori, suoni e relazioni dell’uomo con le “cose”, che lo hanno accompagnato per tutta la vita e con gli altri, che di queste “cose” condividevano l’aspetto funzionale e sociale.
L’oggetto innesca un processo di “drammatizzazione” che coinvolge tutte le facoltà dell’uomo, fisiche e mentali, in una disciplinata rievocazione di gesti e parole. Non assistiamo ad una riproposizione di ricordi slegati tra loro ma ad una precisa esposizione di azioni e denominazioni che altro ordine non potrebbero seguire se non quello che impone loro il principio di funzionalità che li ha generati.
“Le creature, gli oggetti che vengono al mondo, o vengono posti in essere, ci appaiono come delle entità-oggetti, quasi come fossero sempre esistite (in un mondo di idee, appunto), classificate nei nostri scaffali come cose inerti, in realtà, non sono altro che “specie” combinatorie generate nel gioco incessante delle dinamiche, delle ergonomie, delle sensibilità manuali” (Solinas, 2007: 119).
Oltre alla realtà ergonomica che essi evocano, gli oggetti godono di uno statuto sociale che reintegra l’uomo a se stesso e gli consente di riappropriarsi della sua identità. Gli oggetti, a loro volta, riacquistano dignità e vigore sottraendosi al silenzio cui li relega la loro natura inanimata.
Tutto questo ha a che fare con l’antropologia? Queste brevi riflessioni sono il frutto di una singolare ricerca sul campo in cui cultura materiale, materia culturale ed umana hanno innescato un processo di interazione le cui conseguenze possono essere valutate secondo un criterio qualitativo che soddisfa più prospettive, compresa quella, a mio parere, antropologica.
Marta Gabriel
BIBLIOGRAFIA
Rigotti Francesca
2007 Il pensiero delle cose, Milano, Apogeo.
Semprini Andrea
1996 L'oggetto come processo e come azione. Per una socio-semiotica della vita quotidiana, Bologna, Progetto Leonardo.
Solinas Pier Giorgio
2007 SCRIPTA INDICA: status, rituale, dipendenza, Dispensa per il corso di Etnologia, Unisi.
Viney Linda L.
2007 L'uso delle storia di vita nel lavoro con l'anziano. Tecniche di terapia dei costrutti, Gardolo (TN), Erickson (ed. or. 1993 Life Stories, England, John Wiley&Sons Ltd).
Che figooo molto bello : )ALessia
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