Con molta rabbia e molta frustrazione ci è giunta la triste notizia che, dall'anno accademico prossimo, non verrà più attivato il corso di Laurea Magistrale in Antropologia Culturale ed Etnologia a Sassari, l'unico in Sardegna.
È noto a tutti che i beni culturali in Italia sono l'ultimo dei problemi, ma crediamo fortemente in quello che studiamo, e lo facciamo con molta fatica soprattutto in vista di un posto di lavoro che nulla a che fare con il nostro percorso di studi. Ed è molto frustrante il fatto che la nostra materia, come l'Archeologia e l'Archivistica (altre discipline a rischio, sempre che non le abbiano già eliminate), sia lasciata in mano a pseudostudiosi che tolgono ad essa ogni valore scientifico, ma che fanno presa sul grande pubblico. La Sardegna ha bisogno dello studio dei beni culturali, ha bisogno di formazione e di persone competenti. E se dopo una Laurea non si riesce a trovare lavoro, non credo sia giusto imputare tutte le responsabilità a quel Corso, ma al territorio che non ha saputo sfruttare quel capitale umano. Un territorio che lascia la gestione dei beni culturali a persone che, con tutto il rispetto, hanno solo un diploma e che non sono formate dal punto di vista scientifico, non è un territorio che si merita di crescere, né dal punto di vista culturale né dal punto di vista turistico.
I politici parlano di valorizzazione del nostro patrimonio per il turismo, ma se al turista si fa vedere una mostra, una manifestazione, un sito archeologico senza la guida di persone esperte, quel turista non tornerà mai più. Ed è da qui che poi arriva la fine di tutto. Sentiamo troppe volte la frase "Dobbiamo puntare al turismo culturale, all'occupazione dei giovani laureati" e intanto noi, giovani laureati/laureandi, siamo allo sbando. Questa è una denuncia forte, che abbiamo da troppo tempo sulla gola. Siamo stanchi di sentirci dire che siamo uno "spreco di risorse pubbliche", che "con la cultura non si mangia". Viviamo in una delle regioni del Mediterraneo tra le più ricche di feste popolari, usi e costumi che, nonostante i forti cambiamenti, rimangono vivi. Abbiamo un patrimonio archeologico che rischia troppe volte di essere cementificato, un patrimonio museale da preservare e valorizzare. Se ci chiudete le porte, se non ci date futuro, come possiamo produrre ricchezza? Lo spreco non siamo noi, studenti di Beni Culturali, lo spreco lo create voi, politici, ministri, cittadini indifferenti che ignorate la nostra Storia, la nostra Arte e la nostra terra.
Ultimo appunto: L'antropologia è la scienza che dimostra l'inesistenza delle razze, che tutela le differenze, che insegna il rispetto di tutte le culture.Viviamo in un paese dove la caccia al "diverso" è diventata baluardo delle politiche del governo, dove tutto ciò che produce Cultura, deve essere annientato. Ci sarà un nesso tra la chiusura dei corsi di Antropologia in Italia e le pubblicazioni, sempre più numerose negli ultimi anni, contro il razzismo, per la difesa dei rom, sul dibattito natura-contronatura? Siamo sicuri che sia un "taglio" meramente economico?
Valentina Mura (che sa che con la cultura si può mangiare)
Esempi di bibliografia antropologica antirazzista:
Aime M., 2009, La macchia della razza. Lettera alle vittime della paura e dell'intolleranza, Milano, Adriano Salari Editore.
Aime M., 2004, Eccessi di culture, Torino, Einaudi.
Aime M., 2009, Una bella differenza. alla scoperta della diversità del mondo, Torino.
Barbujani G., Cheli P., 2008, Sono razzista ma sto cercando di smettere, Roma-Bari, Laterza.
Piasere L., 2009, I Rom d'Europa. Una storia moderna, Roma-Bari, Laterza.
Nessun commento:
Posta un commento