È da un po' di tempo che mi chiedo come un antropologo si debba porre di fronte all'invenzione di una tradizione. Vivendo in Sardegna, poi, è una situazione che ci troviamo di fronte quasi ogni giorno. Le proteste dei Mamuthones di Mamoiada e del gruppo folk di Gavoi danno segno del problema dei nuovi “falsi”. I primi hanno detto chiaramente basta all'uso indiscriminato del loro nome creando anche un marchio, i secondi hanno rinunciato alla partecipazione della Cavalcata Sarda con motivazioni sia di tipo economico che di tipo culturale: il sindaco si è lamentato del fatto che ogni anno nascono nuovi gruppi senza che vengano fatte ricerche scientifiche serie da parte di chi ha il titolo per farle: etnografi, storici, antropologi, veri studiosi di tradizioni popolari.
Ma è davvero un problema così grave l'invenzione di sana pianta di una tradizione? Forse sì e per vari motivi. Credo innanzitutto che ogni singola comunità abbia le sue potenzialità culturali e quindi non abbia nessun bisogno di inventarsi un abito, una maschera o una festa. In secondo luogo non credo sia rispettoso, né per i turisti tanto meno per gli autoctoni, inventare un qualcosa che non faccia parte del proprio bagaglio culturale, soprattutto se in ballo ci sono motivazioni di tipo economico. Inoltre le ricostruzioni/invenzioni sono poco credibili in termini di tempo delle ricerche e in termini dell'uso di fonti poco attendibili.
L'argomento potrebbe sembrare scomodo e pericoloso ma vorrei lanciare una provocazione. Se si è così sicuri (e di certo sarà così) che nel proprio paese ci sia stata una maschera, perché affidare gli studi a se stessi e a pseudostudiosi creando dei clamorosi falsi, e non invece ingaggiare chi si occupa sudando su libri e facendo ricerche serie? Sappiamo che molte delle maschere create in questi ultimi anni sono state ricostruite sulla base di poesie di Bonaventura Licheri, missionario gesuita di cui è dubbia la data della sua nascita, figuriamoci la proprietà di quegli scritti. Non so se dietro ci siano esigenze di carattere politico come quelle che hanno spinto all'invenzione delle origini celtiche dei padani o esigenze di carattere più culturale che spingono le persone a creare se stesse per la paura di perdersi, o persino esigenze di moda che fanno pensare “Ce l'hanno gli altri quindi devo averla pure io”, o, ancora, tutte e tre le cose insieme. Se poi mettiamo a confronto la questione delle nuove maschere con l'altra invenzione della fine del secolo scorso, ovvero l'accabadora, il problema credo si allarghi.
È vero che ci sarà anche l'altra faccia della medaglia. Le persone che hanno creato queste maschere potrebbero giustificarsi con il fatto che ci si diverte a mascherarsi, che è l'ennesimo motivo di convivialità e di festa. E questo discorso ci sta se però non si spaccia quella festa come “vera”, “storica”, “tradizionale”.
Ai posteri l'ardua sentenza...
Valentina Mura
"Le tradizioni che ci appaiono, o si pretendono, antiche hanno spesso un'origine piuttosto recente, e talvolta sono inventate di sana pianta". Eric J. Hobsbawm