domenica 15 maggio 2011

E Johnny perse il fucile

Capita di sentire qui nel caro vecchio occidente la notizia al telegiornale, o in quotidiani e riviste della morte in guerra – valorosamente, in pieno stile cavalleresco – di un giovane soldato, perito da eroe, emblema di una nazione e di una cultura, di un way of live, del way of life politicamente, economicamente, culturalmente congruo, esatto, etico, morale, umano, buono. La notizia disegna l'eroe culturale, quasi un Prometeo, come la piena manifestazione personificata dei valori nazionali. Egli ha un nome che però potrebbe essere quello di qualunque altro suo connazionale. Trasmessi, quindi, i valori pedagogici volti ad assicurare che tutti gli organi del corpo funzionino (patriottismo, ideologia, Verità, volontà divina etc.) la notizia continua: «morto il soldato americano (o italiano) John Smith (o Mario Rossi)... e altri 15 iracheni / afghani», o quel che passa la contingenza storica. Qui si sottolinea la differenza di essere; si reitera la morte dei morti de-umanizzandoli, disumanizzandoli. Sarà per l'oggetto di studio mischiato a considerazioni politiche, ma avverto più intensamente questa asimmetria. L'anonimo soldato americano ( o italiano) ha ottenuto da morto il privilegio di essere-stato, in quanto americano (o italiano), giusto. I 15 morti per l'occidente – forse nuovo-neo-colonialista sotto la bandiera dell'esportazione della democrazia – non rivestono quell'importanza tale da venire ricordati o raccontati; essi sono /erano distinti culturalmente, altri, alieni nell'accezione forte del termine. Così all'identità – sia individuale che nazionale – viene assegnato il proprio nome: qui, vicino John Smith = Occidente, Stati Uniti, Cultura; , lontano 15 iracheni / afghani = non-Occidente, alteri-terra, incultura.

Forse, è vero che la fortuna è un fatto geografico e, aggiungo, culturale. Ahimé, abbiamo perso (noi, occidentali, se mai l'abbiamo realmente avuta o ci abbiamo mai creduto) quell'universalità della cultura che ci aveva insegnato Tylor. Oggi, più che allora, esistono Culture e Uomini, culture e uomini.

4 commenti:

  1. Credo sia più o meno lo stesso quando si parla di stupri commessi dal terribile "uomo nero", o quando si sente dire "10 morti nell'incidente, per fortuna nessun italiano coinvolto". Come se l'integrità fisica e morale di una persona violentata sia più o meno danneggiata a seconda della provenienza dello stupratore e come se un morto "straniero" sia meno importante di un morto italiano...peccato che, come dici tu, un conto è leggere certe considerazioni nelle cronache di pieno evoluzionismo. Altro conto è sentirle nel Terzo Millennio. Provinciali più che mai.

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  2. LA SENTINELLA

    di Fredrick Brown


    Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano 50mila anni-luce da casa. Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui era abituato, faceva d'ogni movimento un'agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia d'anni, quest'angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell'aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano mandato. E adesso era suolo sacro perché c'era arrivato anche il nemico. Il nemico, l'unica altra razza intelligente della galassia... crudeli schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie.

    Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all'erta, il fucile pronto.

    Lontano 50mila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l'avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle.

    E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più.

    Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s'erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d'un bianco nauseante e senza squame...

    (tratto da 'Tutti i racconti (1950-1972), Fredrick Brown, 1992, A. Mondadori Editore)

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  3. - Uff, eddai, non mi far girare le palle un'altra volta, che se...
    -...
    - Che sennò...
    L'albanese lo guardò con gli occhi sbarrati da burattino. Bedin ormai troppo stanco per prendersela davvero: -Sennò ti cresce quel brutto nasone che ti ritrovi, come Pinocchio.
    L'albanese, con l'anima di chi ne aveva visto molte più di Bedin, non trasalì nemmeno con gli occhi e disse:
    - E tu crederesti alla versione di Pinocchio?
    [...]
    Correva Andrea su per la collina. Aveva alle spalle una breve vita ma già piena di fughe. Una in più non gli avrebbe scombinato i conti. Magari in un giorno di fuga come un altro sarebbe riuscito a entrare nella pancia della balena. Magari sarebbe rinato in Italia e diventatato un bambino vero come i figli di Gonario Gattu, con la playstation, il motorino e il cellulare con la fotocamera da 3 megapixel

    (da Nero riflesso, Elias Mandreu, 2007, Il Maestrale)

    Gianna

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  4. "Ecco: l'uomo bianco fa molte cose, ha saputo fare e farà ancora molte e molte cose. Ma non ha più cuore. Non sa più amare. Guarda noi, il popoio dei cespugli. Non abbiamo fatto molte cose. Viviamo così, nudi come i padri dei nostri padri. L'unica nostra ricchezza è l'arco. In confronto con l'uomo bianco, siam privi di tutto. Spesso anche di carne. Dovremmo imparare dall'uomo bianco. Ma non vogliamo, perché non vogliamo perdere il cuore. Noi siamo più felici di loro. Noi guardiamo al Gran Padre e Lui ci aiuta. E nessuno di noi lascerebbe morire il fratello di fame, quando avesse una sola radice da poter dividere con lui. Nessuno lo scaccerebbe. Se c'è un posto, uno solo, libero, il fratello chiama il fratello. L'uomo bianco non fa più così. Egli ha perso la sua anima. Al suo posto ha messo le pietre che luccicano ed i fucili che uccidono. E con le pietre paga i suoi fratelli per farne degli schiavi e con i fucili uccide coloro che non vogliono farsi pagare. L'uomo bianco dovrebbe venire da noi e noi andare da loro. Solo così, forse potremmo migliorarci entrambi."

    "Fior di granturco" abbassò il capo.

    "E così," disse "sei veramente saggio, o Pao. Il nostro popolo ha bisogno di gente come te."

    "No, il tuo popolo ha bisogno d'una sola cosa. Di ritornare ad avere fiducia nel fratello e amarlo; ha bisogno di ritrovare la sua anima."

    (da Orzowei, Alberto Manzi, 1968, Bompiani)

    Dato che siamo in tema di citazioni :)

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