martedì 9 agosto 2011

La nave dei morti

Il bagaglio di miti, leggende e storie della tradizione dell'arcipelago di Chiloé (Cile), appare frutto di un contesto culturale e sociale ancorato al luogo che le ha originate ma, allo stesso tempo, si avvertono in questi racconti, inevitabilmente, gli influssi spagnoli – ed europei in generale – che hanno in certo modo arricchito, in maniera anche rilevante, il paesaggio di leggende e miti, come sottolinea Mansilla Torres, per il quale si è venuto a creare un forte sincretismo tra l'immaginario tradizionale indigeno e quello spagnolo, che ha dato vita a leggende meticce, con elementi europei e americani (Mansilla Torres 2007). In maniera non diversa anche Cárdenas Álvarez ritiene che abbiano contribuito alla creazione del vasto paesaggio culturale chilota due indirizzi, uno indigeno e l'altro coloniale: come sostiene lo studioso, «la raíz fundamental del mito chilote es mapuche. Pero fuertemente determinado por la ideología del cristianismo de las culturas occidentales» (Cárdenas Álvarez 1997: 5). Il Caleuche è un

Buque de características extraordinarias que puede hacerse invisible; transformarse en objetos animados o inertes; desplazarse a grandes ve­locidades. Su aspecto es el de un buque escuela, comple­tamente iluminado y con música que encanta. Sus tri­pulantes rescatados de naufragios o raptados de la ri­bera chilota alivianan su inmortalidad con fiestas y otras entretenciones humanas que le dispensan sus co­labo­radores de tierra. Su aparición ocurre preferente­mente de noche o cuando hay neblina (Ivi: 11).

Sono diverse le versioni conosciute di questo racconto folklorico, fonte di ispirazione anche per narratori e scrittori, soprattutto cileni1; ad esempio, Francisco Coloane, che la conobbe in gioventù: «la leggenda dell'errante vascello fantasma Caleuche e dei suoi marinai con l'uniforme bianca, con un piede infilato nella schiena e la testa girata dall'altra parte, fu trasmessa da una nonna a sua madre e da lei la imparò nei giorni della sua infanzia» (Bravo Elizondo 2004: 136-137); secondo la leggenda riportata da Coloane, il Caleuche appare come un «vascello fantasma che scivola sui mari interni dell'arcipelago di Chiloé» (Coloane 2006: 107), con «ancore d'oro, con gavitelli2, sartiame3 d'alluminio e alberi dotati di antenne invisibili che captano le microonde permettendo loro di comunicare tramite le vibrazioni con altri "caleuchani" che vagano nelle correnti marine4» (Ivi: 108). Riprende, inoltre, anche una delle tradizioni per cui la funzione del Caleuche è quella di raccogliere «i naufraghi nell'ora fatidica, lanciando loro un salvagente tondo, perché passino attraverso quella cruna d'ago e approdino sui nostri ponte e coperta istoriati di re di triglie» (Ivi: 110), in un chiaro riferimento al passaggio fisico-semiotico attraverso il cerchio (cfr Van Gennep 2002). Nel racconto Coloane utilizza un artificio letterario per cui si immedesima in un marinaio diventato membro della ciurma del buque de arte5, e spiega quali siano le dinamiche, una sorta di rito di passaggio, attraverso cui gli annegati vengono raccolti dal veliero fantasma e diventano – dopo un periodo di prove da superare – caleuchani. «Probabilmente tutto ciò risulta grottesco per i comuni mortali, perché non capiscono che abbiamo dovuto affrontare una lunga preparazione prima di diventare uomini di questo equipaggio» (Ivi: 108). I naviganti, i marinai, i morti in mare, naufragati in condizioni in cui il mare è in tempesta, mutano strutturalmente il loro essere e, dopo un periodo di liminarità, vengono riaggregati in un'altra condizione. Dopo il naufragio della loro barca, i protagonisti passivi di questo racconto Vicente, Víctor e Olga6 furono vittime di un naufragio in cui perirono. Vicente racconta che, dopo il naufragio, lui e Víctor restarono lì «sotto la chiglia [...] finché dal Caleuche – loro avevano visto il nostro naufragio – ci lanciarono, tra i gorghi, due ciambelle salvagente legate a un filo di luce invisibile, e passandoci attraverso, in un millesimo di secondo ci trasformammo da comuni mortali di Lliuco7 in cahuelches8 di Queniao9». A questo punto, Coloane descrive i passi che un "normale" deve affrontare per diventare cahuelche;

quindi, dovemmo affrontare tutte le trasformazioni richieste per diventare un membro dell'equipaggio del Caleuche. Dagli alberi alla deriva si estraeva la "scienza" che ci veniva inoculata per tramutare la linfa terrestre in acqua marina: lavaggi del cervello per abbandonare le nozioni dei "normali" e apprendere l'algebra dei "cahuelches" che, senza sotterfugi legali o illegali, racchiude tutti gli arcani del finito e dell'infinito (Ivi: 114).

L'autore si sofferma ancora sulla pratica del passaggio dalla condizione di "normale" a quella del cahuelche, affermando che:

il cerusico di bordo mi fece la prima iniezione [...], poi ci buttò in mare facendoci fare più volte il giro attorno alla chiglia, dalla prua alla poppa, una notte intera alle intemperie finché non ci sentimmo come degli azulejos, gli squali che seguono la corrente di Humboldt. [...] Appesi ai pennoni del vascello fantasma, simili a grosse lacrime contorte, apprendemmo a stringere i denti per non urlare, perché, se ci sfuggiva un solo lamento, finivamo un'altra volta a fare il giro della chiglia, sott'acqua da babordo a tribordo (Ivi: 115).

L'etimologia della parola Caleuche, secondo Cárdenas Álvarez, è da ricercarsi nel termine mapuche «CALEU[TüN] 'mutare, trasformarsi' + CHE 'gente'. Si è preteso rintracciare l'origine di questa leggenda nella sparizione della nave "El Calanche" dell'olandese Vicente Van Eucht, nei mari australi» (Cárdenas Álvarez 1997: p 11). L'alterità dei cahuelches ha un'origine che è riconducibile ad un tempo mitico, ma è anche strettamente funzionale alla struttura economica e all'ecologia chilota; infatti, nella descrizione che ne dà Coloane, l'equipaggio appare formato da esseri quasi marini: «da ciò deriva il fatto che abbiamo la testa girata all'indietro e la pianta del piede destro attaccata alla schiena come fosse la spina dorsale ricurva di un delfino» (Ivi 109). I loro occhi «sono come quelli delle mosche, che vedono ai quattro lati» (ibidem) e «dato che guardiamo all'indietro, siamo costantemente immersi nel passato, ma abbiamo anche un occhio invisibile nella nuca, che percepisce la realtà del momento» (Ibidem). La loro origine è da collocarsi in un tempo remoto,

nel terziario, quando i nostri stretti canali e fiordi cominciarono a subire l'erosione dei ghiacciai che convertirono le morene nelle oltre quaranta isole dell'arcipelago di Chiloé. Allora, anche noi subimmo una mutazione e diventammo cahuelches, che in lingua indigena significa "delfino-uomo" o viceversa. In quell'epoca remota del terziario, gli uomini non esistevano ancora su nessuna isola del pianeta, ma non per questo ci crediamo dèi, anche se fin dai tempi dei dinosauri conosciamo l'infinitesimale istante dello spazio, luogo e tempo in cui nacque il sinuoso serpente che tentò i progenitori dei comuni mortali (Ivi: 109-110).

Interessante notare come anche uno dei significati del nome Caleuche richiami al cambiamento di status, da vivo a defunto, aggregato all'equipaggio dopo diverse prove, quasi riti di passaggio, che tendono a svuotare l'umanità del morto per riempirla di una morte quasi posta sullo stesso piano dell'esistenza; con questo si vuole intendere la convergenza che passa tra i due livelli – umano e Altro – raccontati da Coloane, ma descritti anche nelle differenti versioni del racconto. Risulta assai rilevante, a questo proposito, un'altra versione raccolta da Mansilla Torres; secondo lo studioso cileno i marinai del Caleuche possono – se ricevuto il permesso dal loro comandante – «a visitar a sus familias humanas en tierra; si ocurre, será sólo por una noche y por un única vez» (Mansilla Torres 2009: 297-298). Si evince come la dimensione temporale subisca in questo caso uno scarto importante; i marinai-morti del vascello fantasma, condannati a vagare in eterno per i canali dell'arcipelago, in un tempo strutturato praticamente come quello umano, possono tornare dalle loro famiglie una ed un'unica volta: come meglio specifica Antonino Buttitta – in riferimento al tempo altro dei morti – «le anime dei defunti non si trovavano in uno spazio senza dimensioni, in un tempo senza tempo, come oggi si è inclini a pensare; ma in una sorta di antimondo, che aveva bisogno del mondo per continuare a esistere come sua immagine riflessa in uno specchio» (Buttitta 2004: 13-14).



Domenico Branca







BIBLIOGRAFIA


BRAVO ELIZONDO P.

2004 "Francisco Coloane, nuestro escritor del extremo sur", in Revistas de Ciencias Sociales, n. 14., pp. 136-140.


BUTTITTA A.

1995 "Introduzione", in Lévi-Strauss, C., Babbo Natale giustiziato, Sellerio, Palermo.


CÁRDENAS ÁLVAREZ R.

1997 El Libro de la Mitología. Historias, Leyendas y creencias mágicas obtenidas de la tradición oral, Ed. Virginia Vidal, Santiago.


CHAMBERLAIN A. F.

1910 "The Chilian Folk-Lore Society and Recent Publications on Chilian Folk-Lore, etc.", in Journal of American Folklore, Vol. 23, n. 89 (Jul. - Sep., 1910), pp. 383-391.


COLOANE F.

2006 Antartico, Guanda, Parma.


MANSILLA TORRES S.

2007 "Hay un dios que todo lo compra: identitad y memoria de Chiloé en el siglo XXI", in Revista austral de ciencias sociales, 12, pp. 145-158.


MANSILLA TORRES S.

2009 "Mutaciones culturales de Chiloé: los mitos y las leyendas en la modernidad neoliberal isleña", in Convergencia, Vol. 16, n. 51, (sep., - dic., 2009), pp. 271-299.


SEPÚLVEDA L.

1997 Il mondo alla fine del mondo, Guanda, Parma.


VAN GENNEP A.

2002 I riti di passaggio (Les rites de passage, Paris 1909), Bollati Boringhieri, Torino.



1 Cfr anche Sepúlveda 1997: 31.

2 Si tratta di un galleggiante ancorato a un peso sul fondale, di forma sferica, usato per segnalazioni o per ormeggiare imbarcazioni.

3 Insieme di cavi e cime che sostengono gli alberi della nave.

4 Una variante della leggenda afferma che il Caleuche è «una nave sottomarina, il cui equipaggio è formato da stregoni, che vaga intorno a Chiloé nella notte, - "un pirata infernale," che causa grande terrore» (Chamberlain 1910: 388).

5 Altro nome con cui è noto il Caleuche.

6 Vicente "Millalonco", figlio di una chilota e di un membro dell'equipaggio del Caleuche; millalonco, in lingua huilliche, significa "testa d'oro", da "milla", "oro", e "lonco", "testa"; l'espressione è usata anche per indicare il sole. Víctor e Olga, cugini di Vicente, erano figli di una chilota e di uno scandinavo.

7 Villaggio dell'Isla Grande de Chiloé.

8 Membri dell'equipaggio del Caleuche.

9 Punta sita a circa N 40° O (Ivi: 113).

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